IO SONO ZERO: provare comunque a strappare lungo i bordi.
Paranoica, coraggiosa, colta, intelligente, geniale: vado subito al sodo, la serie Netflix “Strappare lungo i bordi” è da non perdere. I 6 episodi (della lunghezza di circa 20 minuti ognuno) si divorano tutti d’un fiato e tutto corre e converge e prende senso all’ultimo bellissimo episodio. Dentro c’è un viaggio spazio-temporale unito al coraggio e alla capacità di mettere a nudo la coscienza… di Zero…
ATTENZIONE D’ORA IN AVANTI POSSONO ESSERCI “SPOILER”
E’ l’ultimo episodio (con un espediente tecnico geniale…) che innalza la qualità della serie, stratificata a più livelli e piani di lettura, ricchi di significato, non sempre espliciti.
Pieno di citazioni alte, dal mito della caverna di Platone, a Candido di Voltaire, a Mao, per scendere fino allo scontro finale in Mortal Combat e a Netflix che prende in giro Netflix…
Dicevo: prima del sesto ed ultimo episodio è sempre Zero che doppia i suoi stessi amici, li “scimmiotta” tutti tranne Alice, che ha una voce robotica per simboleggiare il distacco, e tranne la sua coscienza (con la voce di Valerio Mastrandrea) perché quella non la puoi ingannare. Zero li doppia perché il suo mondo (nonostante i suoi 37 anni) è tutto chiuso in sé stesso. Lui è convinto che gli altri, i suoi amici Secco e Sarah, la pensano esattamente come immagina lui, e gli mette i pensieri in testa e le parole in bocca ma nella vita reale non è così e le avvisaglie ci sono: vedi per esempio come la pensa lui sui cessi delle donne e come invece Sarah gli fa capire che le donne hanno un’idea del tutto diversa. Nell’ultimo episodio, dopo la “presa di coscienza” di Zero (una mazzata come se ne prendono tante nella vita), i protagonisti parlano finalmente con la loro voce e mostrano il loro vero punto di vista. E Zero questa volta tace, ma non la sua coscienza… “Io vado a fare un giro. Tregua. Ma solo per oggi. Capito? Coglione”.
C’è un pezzo di noi, tanti pezzi di noi, in questa serie; la consapevolezza, la presa di coscienza improvvisa sulla vita e su quel che sei e che hai fatto, che ti sorprende all’improvviso… a 26 anni, a 29, a 37, a 57, sempre… mi torna in mente la novella “Il treno ha fischiato” di Pirandello, il racconto breve “I giorni perduti” di Buzzati, le “epifanie” di Joyce nell’Ulisse e in Gente di Dublino. Per questo Michele Rech (Zerocalcare) è stato grande: ognuno ritrova un pezzo di sé.
Zero sa parlare ai ragazzi così come a uomini maturi, con più anni alle spalle, perché le esperienze, i punti di svolta, le prese di coscienza sono uguali per tutti, anche se sono scatenate da eventi diversi. Sì, però bisogna avere il coraggio e la voglia di averle, quelle prese di coscienza: c’è chi vive tutta la vita “pieno di sè”, senza accorgersi mai di nulla e di nessuno.
La chiave di lettura ce la da’ Sarah: “noi vediamo solo un pezzetto piccolissimo di quello che le persone hanno dentro e fuori e da soli non possiamo spostare quasi niente“. Ed è bellissimo scoprire come Sarah accetta (a differenza di Zero) il suo status di segretaria porta-caffe’ ma non si rassegna e continua a lottare per inseguire il suo sogno di insegnare e se ne frega di tutto e di tutti. Ed è bellissimo quando Zero prende coscienza che la “topina” a cui faceva doposcuola si è laureata ed è diventata editor e lavora in una casa editrice e fra poco metterà su famiglia (“…so’ passati già 10 anni!?!?…”) e l’aveva sottovalutata e invece lui è rimasto “irrisolto” per paura di cambiare e di crescere e di diventare finalmente “adulto”, …cintura nera di come “se schiva la vita”… quinto Dan.
E la chiave la trova anche Zero alla fine: “se impuntamo a fa’ er confronto co’ le vite dell’artri che a noi ce sembrano tutte perfettamente ritagliate, ma ce sembrano perfette perché le vediamo da lontano e magari sotto l’occhi ci abbiamo solo cartacce senza senso”… e mentre lo dice si vede proprio la topina-editor. E si vede Sarah che vuole insegnare a tutti i costi… e la sua vita ie se scioglie in mano giorno dopo giorno in un ufficio demmerda fuori al raccordo, a porta’ caffè a gente che manco se ricorda come se chiama…
Comunque, volevo dire, che è inutile continuare a tenere in mano quel foglietto col disegno di come vorremmo essere noi, gli altri e il mondo, tanto cor tempo se ciancica uguale quel foglietto e poi alla fine o’ devi butta’ lo stesso, ed è un peccato. Tanto vale provare a strappare lungo i bordi e come viene, viene.
Voto: 9/10
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